Ridurre l’impatto ambientale dell’industria dei ricambi per auto

Ridurre l'impatto ambientale dell'industria dei ricambi per auto

L’economia verde è uno dei temi chiave del 21° secolo poiché mira a conciliare sviluppo economico e rispetto dell’ambiente. Abbandonando i modelli produttivi e di consumo inquinanti del passato, promuove attività sostenibili che generano minori emissioni di gas serra e rifiuti.

Tra i numerosi settori interessati da questa transizione ecologica, quello dell’automobile ricopre un ruolo di primo piano. Infatti, la fabbricazione e l’utilizzo intensivo dei veicoli rappresentano un onere considerevole per il pianeta. Gli impatti ambientali derivano sia dal ciclo di vita delle automobili che dall’approvvigionamento di pezzi di ricambio necessari alla loro manutenzione e riparazione.

L’impatto ambientale dei pezzi di ricambio per automobili

La fabbricazione di un pezzo generalmente prevede l’estrazione di materie prime quali acciaio, alluminio o plastica. Tali attività minerarie sono molto inquinanti ed energivore. Ad esempio, l’estrazione del ferro necessario alle lamiere richiede ingenti quantitativi di carbone, emettendo oltre 2 tonnellate di CO2 per tonnellata prodotta. Questo processo di estrazione del ferro ha un impatto significativo sull’ambiente a causa delle elevate emissioni di gas serra. Inoltre, l’estrazione del minerale di ferro richiede grandi quantità di energia e macchinari pesanti che contribuiscono ulteriormente all’inquinamento.

Una volta estratti, i componenti vengono fusi e trasformati in stabilimenti fortemente energivori. Questi stabilimenti consumano grandi quantità di energia per fondere e lavorare i metalli estratti, il che comporta elevate emissioni di gas serra. Quindi, il pezzo grezzo viene inviato a officine di formatura, taglio o lavorazione meccanica, prima di un eventuale trattamento superficiale. L’intero processo produttivo genera emissioni di gas serra ma anche sversamenti tossici in acqua o aria se non rispettosi degli standard.

Seguono le fasi logistiche di confezionamento, stoccaggio e consegna del pezzo ai rivenditori automobilistici. Tuttavia, il trasporto su gomma o aereo costituisce una quota non trascurabile dell’inquinamento, specialmente per la CO2. I camion e gli aerei utilizzati per il trasporto dei pezzi di ricambio consumano grandi quantità di carburante fossile e contribuiscono in modo significativo alle emissioni globali di gas serra.

Pertanto, l’intera durata di vita di un classico pezzo di ricambio grava pesantemente sull’ambiente. Fortunatamente emergono alternative più sostenibili per decarbonizzare questo settore di attività essenziale.

Alternative ecologiche

Tra le prospettive promettenti, il riciclaggio dei pezzi di scarto appare come una prima soluzione per limitare estrazione e produzione di materie prime. Numerosi componenti automobilistici come batterie, filtri o pneumatici usati possono trovare una seconda vita dopo il ritrattamento. Il riciclaggio permette di recuperare materie prime da componenti non più utilizzabili, evitando che diventino rifiuti e riducendo il bisogno di estrarre nuove risorse.

Alcuni operatori propongono anche il riconfezionamento e il rinnovamento di pezzi. Si tratta di riparare e rimettere in efficienza elementi ancora funzionanti, come alternatori o motorini d’avviamento ricondizionati. Questa economia circolare evita la fabbricazione di equivalenti nuovi prolungando il durato di vita dei prodotti e riducendo i rifiuti. Riconfezionare i pezzi anziché produrne di nuovi porta benefici significativi per l’ambiente.

Anche le tecnologie produttive si orientano verso processi meno emissivi. La stampa 3D metallica consente ad esempio di sintetizzare alcuni pezzi in modo additivo, senza lavorazioni meccaniche e con minori scarti. Materiali innovativi come i compositi rinforzati con fibre o le bio-plastiche offrono valide alternative ai materiali inquinanti, abbattendo le emissioni rispetto ai materiali tradizionali.

Infine, taluni operatori puntano sulla progettazione eco-sostenibile di componenti ottimizzati. Per esempio, alleggerire parafanghi o telai permette ai veicoli di consumare meno carburante, riducendo così l’impatto sull’intero ciclo di vita dei veicoli e dei loro componenti. Progettare pezzi più leggeri porta a un minore impatto ambientale complessivo.

Il settore si orienta progressivamente verso modelli economico-ambientalmente virtuosi. Vediamo ora come si adattano i principali attori a tali mutamenti

Gli attori del cambiamento

Dal lato dei costruttori automobilistici, grandi nomi come Renault, Volkswagen o Toyota hanno ormai fatto della sostenibilità una priorità. Incorporano materiali riciclati nei nuovi modelli e ottimizzano il design dei pezzi per un miglior riciclo futuro, al fine di diminuire gli impatti ambientali lungo tutto il ciclo di vita. Alcuni avviano anche filiere interne di riconfezionamento per dare nuova vita a componenti non più nuovi ma ancora funzionanti.

I network di rivenditori e negozi specializzati nel post-vendita hanno pure un ruolo cruciale. Molti propongono gamma estese di pezzi riconfezionati o circolari, fornendo un’alternativa sostenibile ai pezzi nuovi. L’obiettivo è offrire prezzi convenienti garantendo qualità pari al nuovo, soddisfacendo sia le esigenze economiche sia quelle ambientali dei clienti.

Infine, le istituzioni pubbliche stanno sostenendo la transizione rafforzando le normative. L’Unione Europea ha recentemente approvato direttive che favoriscono l’analisi del ciclo di vita e l’allungamento della durata dei prodotti, al fine di ridurre gli impatti ambientali nel lungo periodo. Quote di materiale riciclato sono fissate anche per i singoli settori produttivi.

Seppur migliorabili, tali evoluzioni lasciano intravvedere un’alternativa duratura al modello lineare attuale, dove pezzi nuovi e rifiuti convivono. Pertanto, è fondamentale generalizzare queste pratiche virtuose al fine di decarbonizzare ampiamente un settore che ancora pone un pesante impatto sull’ambiente.

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